Come interpretare i disegni dei bambini e prevenire abusi e disagio sociale
“Un disegno non è mai solo un disegno”, dice l’associazione Artemes di Bari, che insieme al Csv San Nicola organizza un corso per insegnanti e operatori. “Sembrano scarabocchi, ma sono la porta per entrare nel loro mondo interiore. Il caso del bambino che temeva di perdere il padre.
BARI - Spesso davanti al disegno di un bambino pensiamo che sia solo uno scarabocchio, un gioco con carta e colori. Non pensiamo che attraverso quel disegno il bambino stia comunicando con noi e stia esprimendo il suo mondo interiore. E se da quel disegno potessimo comprendere un disagio vissuto dal bambino e prontamente intevenire? Per questo l’associazione Artemes di Bari organizza dal 27 settembre al 27 ottobre il corso “Il disegno infantile tra creatività e disagio”, promosso dal Centro di servizio al volontariato San Nicola con il Bando di formazione 2015.
Un progetto rivolto a insegnanti, educatori, volontari e operatori volto a far riconoscere e prevenire il disagio infantile anche attraverso l’interpretazione dei loro disegni. Ne parliamo con Bruno Morabito, presidente dell’associazione, e Antonella Troilo, psicologa clinica dello sviluppo, psicoterapeuta, analista transazionale.
“Artemes – spiega Morabito – è un centro di studio, ricerca, sperimentazione e produzione artistica e culturale, rivolto principalmente a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari. Attraverso le nostre attività offriamo agli operatori e alle famiglie, che quotidianamente vivono a contatto con il disagio, l’opportunità di apprendere un altro modo di fare assistenza e una rivalutazione della relazione interpersonale attraverso nuovi modi di “fare insieme arte“.
I segnali non verbali che rivelano il disagio
“I bambini – continua il presidente – tendono a comunicare mediante segnali non verbali che noi adulti, distratti da tante attività, tendiamo a trascurare e far passare in secondo piano.
Per loro il disegno rappresenta il gesto spontaneo per eccellenza, la prima vera porta verso il mondo interiore di ogni bambino. Il disegno non è mai “solo un disegno”, i bambini, attraverso un semplice gesto grafico, liberano emozioni, sentimenti, ricordi e parlano senza aver bisogno di parole; si servono dei colori per esprimere uno stato d’animo ben preciso. Il tratto, la pressione, le omissioni, la grandezza, tutto ci racconta del "piccolo autore".
Non è un caso che, molti abusi, vengano rilevati da psicologi o da attente maestre, attraverso un disegno fatto dal bambino. È proprio nell'ambito del rilevamento del disagio e l'abuso infantile che intendiamo intervenire con questo corso. Basti pensare che negli ultimi tre anni dal "Progetto GIADA" presso l'Ospedale Pediatrico "Giovanni XXIII" di Bari sono stati diagnosticati 225 casi in condizioni di abuso o in situazioni di rischio su un totale di 1.344 minori giunti al Servizio di Psicologia, con una prevalenza del 16,7 per cento. I minori esposti a violenza sono il 69,8 per cento, mentre quelli in condizioni di alto rischio psicosociale sono il 30,2 per cento. Sostanzialmente si tratta di violenza sommersa considerato che il 75,4 per cento viene diagnosticata in occasione di ricoveri ospedalieri di cui il 12,4 in condizioni di urgenza - emergenza e solo 20,1 inviati dai PLS e servizi sociali e il 4,5 dal tribunale per i minorenni”.
Occhio ai colori e al tratto
Ma quali sono gli elementi di un disegno che devono essere maggiormente considerati? “Sicuramente bisogna porre attenzione ai colori che il bambino sceglie – risponde Antonella Troilo. – Ad esempio colori solo scuri come nero o viola possono essere indicativi di un umore basso o rabbia, una scelta più variegata è un indice più positivo. Bisogna anche notare il tratto: se troppo marcato o troppo leggero, parla proprio del tipo di energia che il bambino mette in quello che disegna, rabbia e aggressività o eccessivo timore. Inoltre, ad esempio, disegni che automaticamente incutono sensazioni negative nell'adulto che li osserva, possono essere indicativi di qualche vissuto che il bambino porta dentro di se”.
Ma come si possono interpretare giustamente i disegni di soggetti molto diversi? Un bambino di 3 anni, un ragazzino con insufficienza mentale, un adolescente schizofrenico, un ragazzo con danno cerebrale o semplicemente un soggetto con grande potenziale artistico presentano infatti condizioni e modi molto diversi di porsi nei confronti della realtà. “Di fronte al foglio bianco – afferma Troilo – il valore emotivo viene espresso in modi molto simili tra le persone, per parametri quali i colori, o la qualità dei tratti. Tuttavia, in un bambino normodotato dovremmo trovare ricchezza di dettagli o degli elementi specifici corrispondenti all'età di sviluppo, elementi che non potremo aspettarci rappresentati da un soggetto con un forma di deficit intellettivo. Infatti il disegno è anche indicatore del livello di sviluppo mentale. Quello che può essere paragonato tra persone con situazioni cosi diverse è la qualità emotiva del disegno, quello che trasmette all'osservatore, quello che suscita in lui, le emozioni che passano. e di solito sono molto chiare. Il disegno è lo specchio del mondo interno e questo è la prospettiva che bisogna adottare per interpretarlo anche in situazioni cosi diverse”.
La paura di perdere il padre
“Ho seguito un bambino con problemi comportamentali – prosegue Antonella Troilo, – che arrivò da me a 5 anni. Dopo una raccolta di informazioni dagli insegnanti e dai genitori rispetto all'oppositività dello stesso, sono passata alla fase di valutazione che comprendeva anche l'esecuzione di disegni liberi o guidati. Il tema che emergeva in ogni rappresentazione erano gli ospedali e le ambulanze. Ricostruendo la storia emergevano ripetuti episodi di interventi chirurgici subiti dal padre.
Il piccolo non aveva avuto mai modo di esprimere la sua paura di perderlo che aveva canalizzato nei comportamenti aggressivi e iperattivi a scuola verso i compagni. Il disegno ha funto da indicatore del tema conflittuale del bambino, e avendo individuato il vissuto emotivo inespresso è stato possibile, nel lavoro condotto con i genitori e con il bambino, favorire l'espressione di tale paura, aiutarlo a riacquisire fiducia in se e nella presenza del papà nella sua vita. Dopo una serie di sedute che hanno tenuto presente proprio tale argomento e la necessità di aiutare il bambino ad esprimersi ed essere rassicurato, è stato osservato un cambiamento nei comportamenti e nei disegni del piccolo”.