Crisi dello stato sociale: il "secondo welfare" ci salverà?
Il nuovo numero del mensile Vita dedica un'inchiesta ai fenomeni che stanno mutando radicalmente il nostro paese e il suo sistema di welfare, con un sistema pubblico che fatica a trovare soluzioni e soggetti privati che tentano con successo strade alternative e innovative
Fonte: Vita.it
Grandi aziende, pmi, imprese sociali, società di mutuo soccorso. I dieci anni di crisi hanno messo in ginocchio lo stato sociale tradizionale e aperto una prateria per i privati impegnati nel sociale. L'inchiesta sul numero in distribuzione da oggi con, tra le altre, un'intervista al ministro del Lavoro Di Maio e al ceo e consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina
Questa espressione è ormai entrata nel vocabolario comune di chi si occupa di politiche sociali. Si tratta di un concetto al quale possono essere ricondotte tutte quelle forme di protezione sociale che non sono direttamente sostenute dal Pubblico attraverso il Welfare State e che sono realizzate da soggetti privati, parti sociali e realtà del Terzo settore che a vario titolo intervengono a sostegno di rischi e bisogni sociali emergenti. A causa di diversi problemi strutturali esacerbati dalla crisi economica, infatti, le necessità di chi vive nel nostro Paese negli ultimi anni sono aumentate e si sono diversificate richiedendo, accanto al tradizionale intervento dello Stato, nuove forme di aiuto e sostegno.
L'Italia è particolarmente esposta a profondi cambiamenti demografici, economici, sociali e culturali che ormai da diverso tempo stanno mettendo sotto pressione il suo sistema di welfare. Sullo sfondo c’è l’imponente mutamento demografico in atto che potrebbe portare in futuro a profonde conseguenze sul sistema previdenziale e socio-sanitario che già oggi risulta in sofferenza.
Accanto a questo fenomeno assistiamo a un rapido mutamento sociale e culturale che sta impattando soprattutto sulle strutture familiari “tradizionali”. In appena trent’anni il numero di matrimoni si è praticamente dimezzato (erano 315mila nel 1987; 191mila nel 2017) mentre le separazioni e i divorzi sono in continuo aumento. Una situazione che sta mettendo in profonda crisi quel sistema di “welfare-fai-da-te” che per anni ha integrato le lacune del welfare pubblico.
L'aumento della povertà e delle diseguaglianze sono ulteriori elementi su cui riflettere, meno legati a dinamiche strutturali di lungo periodo e riconducibili principalmente alla crisi economica e finanziaria.
Ma in che modo lo Stato affronta tali problematiche? La spesa sociale pubblica italiana, a differenza di quanto si pensi normalmente, non è più bassa rispetto a quella degli altri Paese europei. È anzi più alta della media UE28: 29,7% del Pil contro il 28,2%. Il problema è quindi da ricercare non nel quanto ma nel come spendiamo. Oggi più di due terzi della nostra spesa per il welfare è destinata alle voci Malattia (31,1%) e Vecchiaia (48,7%), mentre restano molto limitate le quote per Famiglia, maternità e infanzia (6,3%) e per Disoccupazione ed esclusione sociale (7,1%).
Così il nostro sistema di welfare si trova in una condizione di crescente difficoltà e in questo scenario di sfide e trasformazioni è andata delineandosi la necessità di individuare un “secondo welfare” che permetta di rispondere in modo più efficace a domande di tutela sociale sempre più differenziate e complesse e, nel contempo, consenta di tenere sotto controllo i costi crescenti della spesa sociale.
Quello di secondo welfare è un concetto volutamente ampio e inclusivo, una sorta di “ombrello” sotto cui trovano spazio le molte definizioni che in questi anni sono state utilizzate per inquadrare i cambiamenti in atto nel welfare italiano — aziendale, contrattuale, comunitario, generativo, sussidiario, integrativo, solo per citare le più diffuse — e pensato per tenere insieme la complessità dei cambiamenti trasversali a settori, funzioni e territori.
L'inchiesta si concentra proprio sulla definizione di questo tema, le influenze, i suoi attori principali, la storia che ha avuto in Italia e l'importanza assunta via via nel nostro paese.