Somministrazione di bevande e alimenti, cosa cambia con la riforma del terzo settore?
Le associazioni di promozione sociale potranno continuare a garantire il servizio con modalità agevolate ma a determinate condizioni. Attenzione alla scadenza per la denuncia fiscale entro il 31 dicembre all’Agenzia delle Dogane e dei monopoli. Tutte le novità
Le associazioni di promozione sociale (Aps) potranno continuare a garantire ai propri soci un servizio di somministrazione di alimenti e bevande agevolato sia sotto il profilo fiscale che amministrativo in presenza di determinati requisiti. Come si legge in un articolo del Cantiere terzo settore, a differenza di altri enti del terzo settore, infatti, la riforma prevede per le Aps un trattamento diverso: a loro non si applica più l’articolo 148, quinto comma, del Testo Unico delle imposte sui redditi – che continua a restare in vigore per i soggetti diversi dagli enti del terzo settore - ma si farà riferimento all’articolo 85 del codice insieme all’articolo 4 del decreto Iva ai fini di tale imposta.
Tra novità del Codice e vincoli già esistenti
L’articolo 86 del codice del terzo settore lo dice chiaramente: “Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, iscritte nell'apposito registro, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, non si considera in ogni caso commerciale, anche se effettuata a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale da bar e esercizi similari”.
L’agevolazione si applica quindi alle associazioni di promozione sociale iscritte nel registro unico nazionale del terzo settore che fanno parte, in quanto aderenti, di enti le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno e che, si ritiene, abbiano almeno cento soci (la Circolare del Ministero dell’Interno n.10.9401 del 19.02.1972 non risulta essere stata superata da altri provvedimenti).
Un aspetto innovativo rispetto alla disciplina contenuta nel Testo Unico delle imposte sui redditi è rappresentato dai soggetti che possono fruire del bar circolistico agevolato. Se infatti per il Testo Unico è possibile aprire le porte del bar a chi sia tesserato all'ente nazionale senza che sia necessariamente socio dell'associazione o di altra associazione affiliata, tale estensione non è riconosciuta alle associazioni di promozione. Ne consegue che l'Aps dovrà verificare che la persona che accede al c.d. bar circolistico non solo sia tesserata ma che sia anche socia di una associazione affiliata al medesimo Ente nazionale qualora ovviamente non risulti nel proprio libro soci
È inoltre necessario, come in passato, che l’attività sia strettamente complementare alle attività istituzionali – ora dovremmo dire di interesse generale – promosse dall’associazione. Ne consegue che l’attività viene realizzata negli stessi locali in cui viene svolta l’attività di interesse sociale ed è evidente che un sodalizio che non svolga concretamente tali attività, limitandosi ad offrire un servizio di somministrazione di alimenti e bevande, sarà facilmente considerato come un esercizio meramente commerciale con la conseguente ripresa a tassazione dei relativi introiti oltre al versamento delle ingenti sanzioni.
L’attività inoltre non deve essere pubblicizzata. Anche questo aspetto era già previsto tant’è che l’attività non deve avere un accesso diretto dalla strada, non deve presentare insegne o targhe o qualsivoglia comunicazione idonea a indicare la presenza di un locale di somministrazione di alimenti e bevande. Nel codice del terzo settore viene evidenziato questo aspetto prevedendo il divieto di avvalersi di strumenti pubblicitari o comunque di diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi dagli associati. L’attività non potrà pertanto essere pubblicizzata attraverso i social o il sito internet dell’associazione, a meno che non sia comunicata in aree accessibili esclusivamente ai soci.
L’attività, come previsto anche dal Tuir, deve essere diretta esclusivamente ai soci. Nel caso di verifica verrà sanzionata, e numerosi sono i precedenti, l’associazione che fornisce il servizio a persona non tesserata così come l’associazione che effettua il tesseramento senza alcuna formalità e contestualmente offre il servizio. Non è pertanto sufficiente apporre all’ingresso l’insegna indicante che l’accesso è riservato ai soci.
La somministrazione di alimenti e bevande è inoltre concettualmente diversa dalla ristorazione.
Tecnicamente si dice che il prodotto non deve cambiare le caratteristiche organolettiche. È possibile preparare un panino, riscaldare un prodotto precotto in microonde ma non elaborare pasti. La somministrazione di pasti, per espressa indicazione del comma 4 del citato articolo 148 del Tuir così come ribadito nel Codice, resta infatti attività commerciale ancorché diretta ai soci, salve le eventuali agevolazioni applicabili nel caso in cui l’attività sia realizzata nell’ambito di occasionali attività di raccolta fondi.
I dubbi lasciati aperti dalla riforma: tra attività secondarie e la questione de minimis
Si attendono però alcuni chiarimenti rispetto a due aspetti cruciali.
Per molte realtà associative l’attività è essenziale per il relativo sostentamento ma la stessa, seppur fiscalmente agevolata, non è espressamente indicata tra quelle di interesse generale e pertanto i relativi ricavi potrebbero, si teme, essere ascritti alle attività diverse che possono essere svolte solo nei limiti del Decreto – non ancora approdato in Gazzetta Ufficiale – che definisce il concetto di strumentalità e secondarietà.
L’articolo 88 del Codice prevede che l’agevolazione fiscale è concessa ai sensi e nei limiti degli aiuti de minimis. Qualora il testo non sia emendato, l’associazione non potrà complessivamente percepire contributi/agevolazioni fiscali qualificati come aiuti de minimis superiori a 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari tra cui computare la mancata tassazione dei ricavi derivanti da tale attività.
Denuncia fiscale per la somministrazione di alcolici: attenzione alla scadenza del 31 dicembre
Si segnala, per concludere, che è stata ripristinata la denuncia fiscale per l’attività di vendita/somministrazione di alcolici (art. 13 bis del DL 34/2019 e Direttiva dell’Agenzia delle Dogane, 131411/RU del 20 settembre 2019), adempimento che riguarda anche i circoli. Ne consegue che chi non aveva richiesto la licenza fiscale deve provvedere entro il 31 dicembre 2019 utilizzando il modello di denuncia pubblicato sul sito dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
La denuncia dovrà essere presentata anche da chi all’epoca l’aveva presentata nel caso in cui siano intervenute variazioni nella titolarità dell’esercizio di vendita nel periodo di vigenza della soppressione dell’obbligo di denuncia per cui è necessario darne tempestiva comunicazione al competente Ufficio delle dogane al fine di procedere all’aggiornamento della licenza di esercizio.
Per chi invece ha intrapreso l’attività di vendita dal 30 giugno 2019, la comunicazione allo Sportello unico per le attività produttive (Suap) dell’avvio della vendita al minuto o della somministrazione di alcolici vale quale denuncia all’Agenzia delle dogane e dei monopoli in quanto sarà il Suap a trasmettere la documentazione all’Ufficio delle dogane.
Restano inoltre escluse dall’obbligo di denuncia le attività di vendita di prodotti alcolici che avvengono nel corso di sagre, fiere, mostre ed eventi similari a carattere temporaneo e di breve durata, atteso il limitato periodo di svolgimento di tali manifestazioni, come chiarito nella direttiva citata.