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Augustin, dal Senegal a Brescia: “il volontariato è dare qualcosa in più”

Volontari inattesi / 3 Da 15 anni presta servizio al mercatino dell’usato dell’associazione Mandacarù. “Non mi piace la parola aiutare, preferisco ‘dare una mano’. Gli stranieri? Prima si avvicinavano per cercare lavoro, ora ne restano sempre di più: sta cambiando qualcosa” 

di Stefano Trasatti

“Sta cambiando qualcosa”, dice Augustin. “Prima di stranieri se ne avvicinavano molti, ma era soprattutto per cercare lavoro. Ora sono sempre di più quelli che restano: ne conosco alcuni nelle pubbliche assistenze a fare i soccorritori, o in altre associazioni. Ormai vivono qua, partecipano alla vita, è normale…”.

Augustin Bouckar Senghor è nato in Senegal, ha cinquantacinque anni e vive a Brescia da venti anni. Fa volontariato dal 2004 alla Mandacarù, un’associazione impegnata sul riciclo che gestisce tra l’altro il mercatino dell’usato dove lui andava per procurarsi indumenti a poco prezzo. E dove un giorno ha incontrato Miraldo che gli ha proposto di “dare una mano”.

Quando ne parla si capisce che lo considera un po’ il suo modello di volontario. Miraldo era uno di quelli che ogni sera preparavano i pasti alla Tenda di Abramo, un dormitorio creato dai padri Comboniani dove Augustin ha vissuto per 3 mesi nei suoi primi, difficili anni italiani: “Veniva il mercoledì, portava tante cose da mangiare, cucinava... Gli altri buttavano solo la pasta, lui cercava di dare qualcosa in più”.

Al Mandacarù ci sono da fare cose organizzative e di vigilanza (l’associazione usa il ricavato delle vendite per micro progetti nelle missioni in Africa, e in tutto il mondo, compreso l’Italia dove l’Associazione sostiene varie iniziative), per questo Augustin deve fare un colloquio prima di entrare. Ma ben presto le sue mansioni non si limitano alla presenza del sabato dietro i banchi: nel 2012 viene eletto nel consiglio, ci resta tre anni e poi ci rientra nel 2016. Intanto ha cominciato a lavorare come mediatore linguistico nel centro d'accoglienza per richiedenti asilo della fondazione Padre Marcolini a Casa Marcolini Bevilacqua e nella cooperativa sociale Kemay della Caritas di Brescia: “Oggi ho poco tempo, ma ogni sabato vado al mercatino, gestisco un banco con una signora che non vuole che vada a fare altre cose, vuole solo lavorare con me lì…”.

Augustin tiene a precisare che già in Senegal era “molto attivo”, in parrocchia, come scout e come “Coeur vaillant” (cuore valoroso). In Miraldo ha riconosciuto uno spirito di solidarietà simile a quello in cui era cresciuto, quello “del dare e ricevere”. Uno spirito che lui spiega citando il suo illustre parente, il poeta e primo presidente del Senegal indipendente Léopold Sédar Senghor, il quale “ha teorizzato quella civiltà universale in cui si incontrano le culture, dove ognuno porta quello che ha e riceve in cambio le cose positive dell’altro”.

 

Augustin Bouckar Senghor nel centro per richiedenti asilo in cui lavora a Brescia
Augustin Bouckar Senghor nel centro per richiedenti asilo in cui lavora a Brescia

 

Il volontariato, dice Augustin, “mi ha aiutato a maturare, a sentirmi più accolto in questo paese”. Al Mandacarù del resto lui è ormai uno di famiglia: un suo amico italiano è andato con lui in Senegal a trovare la sua, di famiglia (la moglie e la figlia di Augustin che sono rimaste nel paese), e ci è rimasto legatissimo. “Qua in Italia ho apprezzato il fatto che il volontariato è molto sviluppato. Ci sono tante associazioni, alla sera vedi gente in giro che dà pasti e coperte gratis, anch’io per due-tre anni ho accompagnato una suora al castello a dare cibo, pasti e vestiario a gente che aveva bisogno. Anche ora che con il lockdown il mercatino ha chiuso due mesi, sono stato una settimana a fare servizio alla mensa Menni, poi al rifugio della Caritas.

“Tanti mi conoscono per queste attività che ho fatto, - prosegue, - ma a me non piace la parola ‘aiutare’, preferisco ‘dare una mano’. Sì, dare una mano. Se ho avuto problemi? Be’, le difficoltà ci sono, a volte vedi anche cose spiacevoli. Una volta al mercatino un utente mi ha detto cose razziste, ma tutti erano arrabbiati e gli hanno detto che ero più italiano di lui! Io comunque sono positivo e vedo sempre le cose belle. La gente mi vuole bene, mi abbracciano. C’è una signora che quando mi vede mi chiede un bacio prima di salutare gli altri. Ci sono anche ragazzi stranieri che mi prendono come un padre, un riferimento”.

Gli chiediamo in conclusione se per uno straniero sia più difficile fare volontariato. “Be’, magari all’inizio qualcuno pensa che tu sia lì per fare i tuoi interessi, - risponde Augustin, - forse è successo anche con me, ma poi mi hanno dato fiducia progressivamente, mi hanno fatto gestire la cassa. È normale, le persone non le conosci dall’oggi al domani. Poi ci sono alcuni utenti che pensano che siamo pagati… Comunque ora il problema è che tanti volontari sono un po’ su con l’età e c’è bisogno di giovani, sia italiani che stranieri: io cerco sempre di propagandare, di dire in giro che qui si possono fare cose utili, e sta cambiando qualcosa… L’importante è far capire che con il volontariato si può partecipare e si può crescere. L’integrazione è questo per me”.

(Intervista integrale realizzata da Maurizio Artero. Redazione di Stefano Trasatti)

La ricerca Volontari inattesi - L’impegno sociale delle persone di origine immigrata, a cura di Maurizio Ambrosini e Deborah Erminio (Edizioni Erickson, pagg. 352), viene presentata on line il 22 giugno 2020. Leggi tutti gli aggiornamenti nel focus di CSVnet.

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