Carla, “immigrata al contrario” dal Venezuela e volontaria per i poveri
Volontari inattesi/12. Nata a Chieti, per salvare la famiglia è scappata dal paese sudamericano dove aveva vissuto oltre 40 anni. Tornata in Italia, ha incontrato l’associazione Emozioni che assiste persone in difficoltà. E da beneficiaria ne è diventata la colonna
Quella di Carla Bellafante è una storia di “immigrazione al contrario”. Nata a Chieti 43 anni fa, si è subito trasferita con i genitori in Venezuela, dove ha vissuto gran parte della sua vita, finché una brusca battuta d’arresto l’ha costretta, circa due anni fa, a ritornare in Italia, proprio nella città abruzzese dove tutto ha avuto inizio.
La sua esperienza fa parte delle tante storie, oltre 100, che CSVnet ha raccolto per “Volontari inattesi” la prima indagine nazionale sull’impegno sociale delle persone di origine immigrata, promossa da CSVnet e curata dal Centro studi Medì.
Carla è una volontaria dell’associazione Emozioni che opera a Francavilla al Mare, promuovendo servizi essenziali a favore della comunità: dalla distribuzione di viveri, farmaci, vestiario, all’assistenza psicologica, laboratori, aiuto per i ragazzi nello studio e molto altro. L’associazione è stata per lei un’ancora di salvezza: “Appena sono arrivata in Italia ho conosciuto Anna (Desiati), presidente dell’associazione; lei è stata tutto (…) non posso dimenticare quello che ha fatto per me e per la mia famiglia”.
Carla Bellafante con le volontarie dell’associazione Emozioni di Francavilla al Mare (CH)
La partenza dal Venezuela è stata praticamente una fuga. Carla è sposata e mamma di due bambini, una femmina e un maschio rispettivamente di 7 e 5 anni. In Venezuela non le mancava niente: il marito (47 anni) era manager di un’azienda, lei insegnante di arte e disegno tecnico in un liceo ma negli anni ha fatto carriera fino a diventare preside di un grande istituto. È stato proprio questo ruolo a incrinare di punto in bianco la sua tranquillità. Ha subito minacce, un tentativo di sequestro cui si è aggiunto il progressivo peggioramento delle condizioni di vita in tutto il paese – “scarseggiavano cibo, farmaci e spesso non avevamo acqua e luce. Il quartiere dove abitavamo è chiamato “Bancomat” perché chi vive lì lavora e sta bene economicamente, ed è particolarmente soggetto a furti ed episodi di delinquenza. Per questo motivo mia sorella (che è rimasta in Venezuela) non può uscire da casa. Ho deciso di lasciare la mia nazione per salvare la famiglia”, racconta.
Carla ha avuto il coraggio di ripartire da zero tornando a vivere a Chieti con la famiglia, i genitori e portando con sé anche il nipote, figlio della sorella, unico membro del nucleo rimasto in Venezuela: “nonostante la fatica che faremo a rialzarci dopo tutto quello che avevamo costruito lì, ho scelto di dare serenità alla famiglia”.
Carla Bellafante
Ma oltre ad avere coraggio Carla ha dimostrato di saper reagire e la sua forza l’ha trovata proprio grazie al volontariato. “Ho iniziato a frequentare l’associazione perché venivo a ritirare il pacco alimentare al posto di mia madre, che aveva iniziato ad avere problemi di salute. Poi ho conosciuto Anna e da lì è cominciato tutto. Grazie a lei ho trovato un lavoro (mi ha presentato a una signora che aiuto in casa due volte a settimana) e ho iniziato a venire in associazione anche per dare una mano. Ben presto fare volontariato è diventato un bisogno. Frequento l’associazione tutti i giorni, sento che è un’opportunità per aiutare me stessa, oltre che gli altri. Se resto a casa la mia testa inizia a pensare a tutto ciò che ho lasciato e che mi manca. Allora preferisco uscire, venire qui e farmi due risate con gli altri volontari. Sono tutti gentili e disponibili e non mi fanno mai sentire sola. Mi stanno vicino e mi danno il loro supporto per superare le difficoltà”.
Anche se per lei fare volontariato non è una novità – nel suo paese era inserita in un movimento cattolico e aiutava i ragazzi nello studio – questa esperienza l’ha cambiata profondamente: “per chi viene da un altro paese come me, vivere in Italia è difficile, specialmente trovare lavoro in base alle proprie attitudini. Anche perché il pregiudizio conta: nonostante io abbia scritto nella carta d’identità che ho la cittadinanza italiana, sono sempre vista come una straniera. Fare volontariato mi fa sentire come stare in un’oasi dove mi rigenero”.
(Intervista integrale realizzata Anastasia Zakharova, Giulia Dindelli e Silvia Minchilli, volontarie in servizio civile presso il Csv di Chieti - oggi Csv Abruzzo. Redazione di Clara Capponi)
La ricerca Volontari inattesi - L’impegno sociale delle persone di origine immigrata, a cura di Maurizio Ambrosini e Deborah Erminio (Edizioni Erickson, pagg. 352), viene presentata on line il 22 giugno 2020. Leggi tutti gli aggiornamenti nel focus di CSVnet.