Volontariato, l'innovazione passa dall'apertura verso il territorio
Sviluppo dell'organizzazione e capacity building sono state le due questioni al centro di uno dei workshop dell'evento "Fare bene insieme, consolidare ed evolvere. Luoghi per parlare di vision" organizzato da CSVnet per presentare il nuovo Manifesto dei Csv. La discussione ha visto il contributo di Francesco D'Angella, Alessandro Lombardi e Massimo Giusti
Sviluppo organizzativo e capacity building sono due questioni cruciali per il volontariato che vuole innovarsi ed essere all’altezza delle sfide che ha di fronte. Fra i compiti dei Centri di servizio per il volontariato c’è quello di accompagnare e sostenere le associazioni nel miglioramento della propria organizzazione e di aumentare competenze e capacità.
Al tema è dedicato uno dei punti del “Manifesto per fare bene insieme” dei Csv: “sviluppiamo le capacità organizzative del volontariato” è il titolo del punto che esprime la volontà dei Csv di sostenere “la crescita delle capacità organizzative del volontariato, perché - si legge nel Manifesto - sviluppare il volontariato significa dotarlo di una organizzazione capace di uscire dalle autoreferenzialità, di tutelare il ricambio generazionale e di favorire il protagonismo delle nuove generazioni, di dare forza al gruppo e di essere efficace nel perseguimento delle finalità. In assenza di cura organizzativa anche le motivazioni e il senso della scelta dell’essere volontari rischiano di indebolirsi”.
Il punto è stato al centro del dibattito di uno dei quattro workshop che si sono svolti a Firenze il 27 gennaio nel corso della prima giornata del convegno "Fare bene insieme, consolidare ed evolvere. Luoghi per parlare di vision" organizzato da CSVnet, l'associazione nazionale dei Csv, in collaborazione con il Cesvot e con il sostegno di Crédit Agricole Italia e Innovation Center Fondazione CR Firenze.
A introdurre il workshop, moderato dalla direttrice del Csv di Imperia - Savona Anna Maria Camposeragna, sono stati Francesco D’Angella dello Studio APS, il Direttore Generale ministero Lavoro e Politiche sociali Alessandro Lombardi e il Segretario generale Fondazione Onc Massimo Giusti.
“La parola chiave - ha detto D’Angella - è ‘sviluppo’, ma di quale sviluppo stiamo parlando? È un’azione verso che cosa? ‘Organizzativo’ è una parola strana, polisemica - ha aggiunto -. Organizzare richiama alla dimensione del dare una costruzione; le organizzazioni sono il fondamento della società. La famiglia è un’organizzazione, significa mettere insieme”. Dopo aver ricostruito il significato di “capacity building”, sollecitando i Csv a riflettere su come lavorare per le capacità delle associazioni, D’Angella ha posto la domanda in merito a quale organizzazione renda possibile l’apertura nei territori. “Quali modelli organizzativi rendono possibile il lavoro nei territori? - ha domandato -. Lo specifico delle organizzazioni di volontariato è l’essere radicate nei territori. Stiamo parlando di uno sviluppo organizzativo all’interno di realtà radicate nel territorio. Questo presuppone che le organizzazioni siano aperte ed è quindi necessario fare i conti con le autoreferenzialità organizzative”.
D’Angella ha ricordato come il volontariato oggi sia cambiato, abbia mutate esigenze e si ponga domande diverse. “Le organizzazioni - ha aggiunto - devono essere fortemente in contatto con la mutevolezza del volontariato e occorre decostruire il nostro modo di pensare. Non si può costruire innovazioni se non ci separiamo dalle nostre certezze e dalle nostre visioni. Bisogna capire quali sono i nostri attaccamenti che ci impediscono di costruire organizzazioni capaci di risponde alle nuove domande dei volontari, da cosa facciamo fatica a separarci per assumere la sfida nuova di dare risposte alle esigenze del territorio”.
Al dibattito ha contribuito anche il direttore Alessandro Lombardi che ha ricordato come il volontariato sia centrale e trasversale al nuovo codice del terzo settore e come esso incentivi la creazione di legami e relazioni per mettere insieme risorse utili a fornire una risposta più adeguata all’esigenza della comunità.
Fra le nuove competenze necessarie, la capacità di attrarre volontari e nuovi forme di comunicazione e strumenti per stare più a contatto con le giovani organizzazioni.
Anche il segretario generale della Fondazione ONC Massimo Giusti ha commentato il tema al centro del workshop e ricordato come il radicamento dei Csv nel territorio possa essere una grande risorsa a disposizione del volontariato e delle comunità in un contesto in cui le esigenze del volontariato stesso stanno mutando.
La direttrice del Csv di Cosenza Maria Carla Coscarella ha ricordato come quello che ha portato al manifesto “Per fare bene insieme” dei Csv sia un percorso aperto e partecipato e come i Csv stessi siano disponibili a praticare il cambiamento che propone. “Il modello organizzativo che stiamo cercando di focalizzare - ha detto Coscarella - è flessibile, fatto di processi orizzontali che portano dentro nuove realtà, persone. I Csv sono organizzazioni di tipo collaborativo, vanno sul territorio e cercano soluzioni insieme. Il progetto tipo non c’è, perché le cose cambiano, ma rimangono le relazioni, i processi, la modalità operative anche per guardarsi all’esterno”. “I Csv - ha concluso Coscarella - sostengono cambiamenti sui territori perché fanno parlare le persone, attivano dei processi moltiplicatori di altro. Questo cambiamento ha portato anche a rivedere l’organizzazione e i dipendenti lavorano su più aree. Il capitale umano in questi 20 anni è cresciuto, interagisce sul territorio. Questo è quello che stiamo cercando di rappresentare all’esterno: una visione dei Csv che innescano e ingaggiano il territorio una serie di soggetti e partner capaci di cambiare le comunità”.
© foto in copertina di Rocchetta Pantaleo Rizzo, progetto FIAF-CSVnet "Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano"