Bes: presentato il primo Rapporto sul benessere equo e sostenibile
È stato presentato lunedì 11 marzo il primo Rapporto sul benessere equo e sostenibile realizzato dall'Istat e dal Cnel. Un'iniziativa che pone l'Italia all'avanguardia nel panorama internazionale in tema di sviluppo di indicatori sullo stato di salute di un Paese che vadano oltre il Pil.
Il Rapporto è articolato in 12 capitoli, uno per ciascuna delle 12 dimensioni del benessere individuate dall'Istituto nazionale di statistica e dal Consiglio nazionale economia e lavoro. L'obiettivo prioritario del percorso intrapreso dai due istituti è quello di offrire un'immagine della nostra società sempre più corretta, precisa e aderente alla realtà, che tenga conto di una serie di indicatori capaci di descrivere tutti i principali fenomeni che influenzano la condizione dei cittadini.
I dati, nell'ambito del benessere economico, descrivono una situazione che, con il perdurare della crisi, nel 2011 si è deteriorata. Lo conferma l'impennata degli indicatori di deprivazione materiale; la grave deprivazione aumenta di 4,2 punti percentuali, passando dal 6,9% all'11,1%, preceduta da un incremento, nel 2010, del rischio di povertà (calcolato sul reddito 2010) nel Centro (dal 13,6% al 15,1%) e nel Mezzogiorno (dal 31% al 34,5%) e da un aumento della disuguaglianza del reddito (il rapporto tra il reddito posseduto dal 20% più ricco della popolazione e il 20% più povero dal 5,2 sale al 5,6).
In tema di relazioni sociali, il rapporto delinea il profilo di una "società in cui la presenza di reti sociali, familiari e di volontariato non è sufficiente a garantire un tessuto sociale forte a copertura dei bisogni primari della popolazione, specialmente delle fasce sociali più deboli. Nel Sud e nelle Isole, in particolare - si legge nella nota - tutte le forme di reti sociali appaiono più deboli rispetto al resto del Paese e la fiducia negli altri raggiunge il minimo. Peraltro, un Paese con un problema di scarsa fiducia tra i cittadini può incontrare maggiori difficoltà a creare le condizioni per una vita economica e sociale pienamente soddisfacente".
Secondo i numeri, nel 2012, sono il 36,8% le persone maggiori di 14 anni che si dichiarano molto soddisfatte per le relazioni familiari; a questi si aggiunge un 54,2% che si dichiara abbastanza soddisfatto. Tuttavia, il carico del lavoro di cura che ne deriva, soprattutto per le donne, rischia di diventare eccessivo, anche a causa della carenza di alcuni servizi sociali. Intorno alla famiglia si tesse quindi una rete di relazioni con parenti non conviventi e amici, che svolge un ruolo fondamentale nella dotazione di aiuti sui quali individui e famiglie sono abituati a contare. Nel 2009, quasi il 76% della popolazione ha dichiarato di avere parenti, amici o vicini su cui contare e il 30% ha dato aiuti gratuiti.
L'associazionismo e il volontariato rappresentano una ricchezza per il nostro Paese, che non è però distribuita su tutto il territorio ed è meno presente nel Mezzogiorno, cioè dove i bisogni sono più gravi. In particolare, dichiara di svolgere attività di volontariato il 13,1% della popolazione di 14 anni e più residente nel Nord a fronte di una quota che nel Mezzogiorno si colloca al 6% e di una media nazionale del 9,7%.
Al di là di queste reti ci sono "gli altri", la società più ampia, verso la quale emerge una profonda diffidenza da parte dei cittadini. Nel 2012, solo il 20% delle persone di 14 anni e più ritiene che gran parte della gente sia degna di fiducia, valore in calo rispetto al 2010 (21,7%); tale quota scende al 15,2% nelle regioni del Mezzogiorno. L'Italia è, inoltre, uno dei paesi Ocse con i più bassi livelli di fiducia verso gli altri: le persone quindi non si sentono sicure e tutelate al di fuori delle reti di relazioni familiari e amicali. In particolare, il nostro Paese mostra una fiducia molto inferiore rispetto a paesi come Danimarca e Finlandia, dove la quota di persone che esprime fiducia negli altri raggiunge il 60%.
In fatto di servizi garantiti agli abitanti, la realtà italiana, secondo il Rapporto Bes, offre un quadro di luci e ombre. La qualità dei servizi sociali non è sempre adeguata, anche se ha visto significativi miglioramenti nel tempo. La lunghezza delle liste d'attesa resta un ostacolo importante all'accessibilità del Servizio sanitario nazionale. D'altra parte, negli ultimi anni la quota di anziani trattati in Assistenza domiciliare integrata è raddoppiata e molti più bambini sono stati accolti in strutture pubbliche per la prima infanzia, anche se la quota di bambini che usufruisce di questi servizi è ancora esigua (il 14%). Il Mezzogiorno permane in una situazione peggiore del resto del Paese.
Grandi passi avanti sono stati fatti anche nella differenziazione dei rifiuti, arrivata al 35,3%, ma il Paese è ancora lontano dagli standard dei migliori in Europei: di conseguenza, una quantità di rifiuti troppo elevata (quasi la metà) è destinata alle discariche. Anche il trasporto pubblico ha visto un lieve incremento della propria dotazione infrastrutturale, che però non ha ridotto di molto il tempo (76 minuti) che le persone devono dedicare quotidianamente agli spostamenti.
Il Rapporto pone attenzione anche alla situazione delle carceri italiane, dove il sovraffollamento è elevato (139,7 detenuti ogni 100 posti letto) e non permette un'adeguata condizione di vita per i detenuti.
Questi sono solo alcuni dei dati emersi e delle tematiche sviluppate dal Rapporto di Istat e Cnel, che affronta anche numerosi altri aspetti della vita quotidiana della popolazione italiana, tra cui: la salute, l'istruzione e la formazione, il lavoro e la conciliazione dei tempi di vita, la politica e le istituzioni, la sicurezza, il benessere soggettivo, il paesaggio e il patrimonio culturale, l'ambiente, la ricerca e l'innovazione.
Per un maggior approfondimento scarica il Rapporto Bes in allegato, oppure visita i siti internet dell'Istat e del Cnel.
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