Unioncamere: 66 miliardi di euro la ricchezza prodotta dal sistema cooperativo
Oltre 66 miliardi di euro di valore aggiunto nel 2012, pari al 4,7% del reddito complessivo prodotto in Italia; 77 mila imprese attive iscritte a fine 2013 nei Registri delle Camere di commercio, oltre 1 milione e 200 mila occupati censiti nel 2011; una domanda di lavoro programmata per il 2013 che raggiunge le 73.500 unità, puntando sulla qualificazione delle risorse umane ma anche sull'inclusione sociale, con una spiccata apertura ai giovani, alle donne, agli immigrati e a quanti hanno avuto poche opportunità di studiare.
È il sistema cooperativo, di cui il Rapporto "Cooperazione, non profit e imprenditoria sociale: economia e lavoro" messo a punto da Unioncamere – e presentato il 30 gennaio a Roma – svela il consistente apporto all'economia nazionale e la capacità di resistenza alle avversità del ciclo economico, collocandolo in un ampio ragionamento che va dalla cooperazione all'imprenditoria sociale e ponendo attenzione, in generale, anche all'intero mondo del non profit. Secondo i dati diffusi da Unioncamere, gli oltre 65 miliardi di valore aggiunto delle imprese cooperative valgono più di tutta l'industria alimentare e quella del sistema moda insieme (3,4%, pari a 48,3 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto); quanto l'intero settore industriale formato dall'elettronica, apparecchiature elettriche, meccanica e mezzi di trasporto (4,6% e 63,8 miliardi di euro). Il Rapporto descrive un sistema cooperativo attivo principalmente nel settore terziario (al quale si devono oltre 56 miliardi di euro di reddito prodotto nel 2012) e si concentra prevalentemente nel Nord-Est, dove sono stati prodotti 19,4 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 5,7% del totale dell'economia della ripartizione. Caratteristica di questo universo imprenditoriale è la forte concentrazione in alcuni ambiti di attività economica, che sono, oltre al settore terziario, le attività industriali (circa 20mila e 500) e quelle agricole (8mila e 500 imprese attive). Inoltre, 1 su 10 è guidata da un giovane under 35 e 2 su 10 da donne. Resistere alla crisi puntando sulla qualità, prima di tutto delle risorse umane, ma con un occhio attento anche a tutte le categorie "svantaggiate". Questa in sintesi la strategia che le imprese cooperative stanno attuando, come emerge dalle previsioni di assunzione contenute nel Sistema informativo Excelsior realizzato da Unioncamere e Ministero del Lavoro. Nel 2013, infatti, le cooperative dell'industria e dei servizi con almeno un dipendente hanno programmato di attivare contratti di lavoro per 73.500 persone, pari a quasi il 10% delle entrate previste da tutte le imprese extra-agricole. Oltre 60mila le assunzioni "dirette" (non stagionali e stagionali) di dipendenti previste dalle cooperative e 6.500 quelle interinali. A queste si aggiungono altri 5mila collaboratori a progetto e quasi 2mila collaboratori a partita IVA e occasionali. Nella classifica delle figure professionali più ricercate dalle imprese cooperative nel 2013 si trovano quattro professioni legate all'assistenza socio-sanitaria (addetti all'assistenza personale, quasi 5.500 assunzioni; le professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, circa 3.500, le professioni sanitarie riabilitative, 2mila; quelle infermieristiche-ostetriche, circa mille) e due professioni legate al mondo dell'istruzione (professori di scuola pre-primaria, 1.300 assunzioni, e specialisti nella formazione di soggetti diversamente abili, circa 900). Configurandosi come una forma imprenditoriale nata sotto la spinta dello spirito mutualistico e solidaristico, la cooperazione apre opportunità occupazionali interessanti a donne e giovani. Delle 60mila assunzioni previste dalle imprese cooperative per il 2013, quasi 50mila sono dirette esplicitamente o potenzialmente alle donne (ben l'82,3%, contro solo il 71,2% nella media generale delle assunzioni di tutte le imprese) e 48mila quelle esplicitamente o potenzialmente riservate a giovani (il 79,9% del totale, superiore a quanto rilevato nella media generale di tutte le imprese, 76,3%). All'interno del vasto mondo del Terzo settore, un ruolo specifico è svolto dalle imprese sociali, riconosciute dal legislatore nel 2006 con l'intento di disciplinare le diverse tipologie di enti - associazioni, fondazioni, enti ecclesiastici, società di mutuo soccorso - accomunate dalla medesima vocazione sociale. Si stimano 14.190 imprese sociali attive extra-agricole con personale alle dipendenze presenti in Italia nel 2010 , di cui 13.200 nel settore dei servizi (93% del totale), con particolare riferimento al comparto della sanità-assistenza sociale privata (7.120; 50,2% del totale) e, in second'ordine, a quello dell'istruzione-formazione privata (2.490; 17,6%). Dal punto di vista dimensionale, a fronte delle 6.200 imprese con meno di 10 dipendenti (43,7%), se ne contano 4.910 con 10-49 dipendenti (34,6%) e 3.080 appartenenti alla classe superiore (21,7%). Sostenuta anche la capacità di questo segmento di imprese nel creare occupazione: sono 35.460 i contratti di lavoro che le imprese sociali (sempre con riferimento a quelle industriali e dei servizi con almeno un dipendente) hanno programmato di attivare nel corso del 2013, pari al 4,7% del totale dei contratti previsti in attivazione da parte di tutte le imprese extra-agricole. Il 2013 è destinato comunque a chiudersi con un saldo negativo, visto che alle 27.700 entrate previste dalle imprese sociali di dipendenti (non stagionali e stagionali, esclusi gli interinali) si contrappongono le 33.100 uscite previste, con un saldo negativo di circa 5.500 dipendenti in meno. Tuttavia, il tasso di variazione, pari al -1,2%, si dimostra più contenuto rispetto al -2,2% previsto dal complesso di tutte le imprese extra-agricole. Come nel caso delle cooperative, anche le imprese sociali "brillano" sotto il profilo delle pari opportunità. Superano le 26mila unità le entrate esplicitamente o potenzialmente riservate alle donne (oltre 9 assunzioni su 10), 23mila quelle per gli under 30 (oltre 8 su 10) e 5.400 quelle destinate agli stranieri (poco meno di 2 su 10). "I nostri dati, ancora una volta, certificano l'importanza del sistema cooperativo e dell'imprenditoria sociale nell'economia nazionale", ha commentato il segretario generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi. "Proprio per far emergere le sue grandi potenzialità, Unioncamere ha promosso - in collaborazione con Universitas Mercatorum e 38 Camere di commercio - l'iniziativa di sistema Start up imprenditoria sociale, finalizzata a fornire servizi gratuiti di accompagnamento allo sviluppo del progetto imprenditoriale sociale e allo start up attraverso iniziative di formazione e informazione, orientamento, assistenza tecnica agli aspiranti imprenditori, nonché attività tese a favorire il raccordo con il sistema del credito e del microcredito". Per approfondire i risultati del Rapporto clicca qui o scarica la versione integrale.
Se il sistema cooperativo nazionale offre un importante contributo alla produzione di ricchezza, è però sul fronte occupazionale che questa peculiare forma di "fare impresa" esprime le sue massime virtù e il suo elevato contributo di inclusione sociale. Stando alle informazioni desumibili dall'ultimo Censimento Istat industria e servizi, infatti, nel 2011 il numero di occupati nelle società cooperative è aumentato di oltre 220mila posti di lavoro rispetto al 2001. In termini percentuali, la dinamica occupazionale delle società cooperative è stata notevole, e comunque ben superiore a quella media riscontrata per tutte le tipologie di imprese attive nella Penisola (+22,7 contro +2,7%).
Lo scorso anno, tuttavia, le 60.120 assunzioni "dirette" di dipendenti (non stagionali e stagionali, esclusi gli interinali) programmate sono state superate dalle 74.210 uscite previste, con una riduzione netta di dipendenti pari a -14.100 unità (-1,4%). Come per gli anni precedenti e a conferma della maggior capacità di tenuta occupazionale del settore cooperativo, il saldo percentuale risulta meno negativo di quello previsto per il complesso di tutte le imprese (-2,2%).
Si tratta quindi di un'imprenditoria piuttosto strutturata anche sotto il profilo occupazionale. A fine 2012, il numero di dipendenti stimati presenti nelle imprese sociali supera le 400mila unità, corrispondenti al 3,8% dell'intera occupazione alle dipendenze nelle imprese industriali e dei servizi. Un ruolo che è andato crescendo nel corso degli ultimi anni - a fine 2009 il "peso" si assestava al 3,1% -, come effetto di una costante crescita dei lavoratori dipendenti nelle imprese sociali, passati da quasi 356.680 a fine 2009 ai 434.840 a fine 2012, con un aumento di oltre 20 punti percentuali.